Trincee, precipizi e un po’ di gloria: l’Anello del Perlone e di Predabusa

Trincee, precipizi e un po’ di gloria: l’Anello del Perlone e di Predabusa
CARATTERISTICADETTAGLIO
📍 LocalitàNago (TN – sponda nord del Lago di Garda)
🛤️ PercorsoAnello
🔢 Segnavia CAISegnaletica locale e sentieri non sempre marcati o chiari
📏 LunghezzaCirca 7,3 km
⛰️ DislivelloCirca 700 m
⏱️ Durata media3h 30m (a passo tranquillo con soste)
⚠️ DifficoltàE – Escursionistico
🥾 Consigli utiliScarponi da trekking, torcia per gallerie, acqua abbondante, attenzione in discesa
🌳 AmbienteBosco misto, affacci panoramici, zone carsiche, trincee e fortificazioni storiche

Chi l’ha detto che per respirare la storia bisogna chiudersi in un museo con l’audioguida nelle orecchie? A volte basta infilarsi gli scarponi, salire sopra Nago (sì, quel Nago sul Lago di Garda) e ritrovarsi in un mondo dove ogni pietra sembra mormorarti: “eh, qui un tempo si sparava forte.”

Siamo partiti per l’anello del Perlone e di Predabusa con poche certezze: un .gpx sul telefono, due litri d’acqua (che non bastano mai), e l’idea (vagamente romantica) di un’escursione tra panorami spettacolari e trincee austro-ungariche. Abbiamo trovato questo e molto di più: salite con pendenza da stambeccoordigni arrugginiti, e anche un tizio di nome Vogel che ha lasciato il suo nome inciso nella roccia nel 1915. Spoiler: non l’abbiamo incontrato, ma ci è sembrato comunque un buon compagno di viaggio.


Il parcheggio c’è, ma non si vede

Trovare il punto di partenza è una piccola avventura nella grande avventura. Le indicazioni sono quelle classiche da escursionismo italiano: “vai su, poi quando vedi il sasso girato a nord, gira a est”. Il parcheggio, in realtà, è uno slargo anonimo (e a pagamento) sopra Nago. Se arrivate al Baldo avete esagerato. Se finite al lago, siete troppo in basso. Ma quando lo trovate, vi si apre un mondo: davanti a voi, il lago che brilla. Dietro, il bosco che aspetta.

E poi si parte, con passo sicuro e cuore leggermente ansioso. Perché sì, ci sono i panorami, ma anche le trincee, le gallerie, e quel leggero terrore che un giorno un escursionista troppo curioso possa scoprire una bomba che non ha ancora deciso se esplodere o no. Emozione garantita.

Ingresso galleria del riflettore
Apertura per il riflettore

Sali che ti passa (o forse no)

Il sentiero comincia subito deciso. Niente scuse. Il primo tratto è una salita che ti fa rivalutare l’ultimo dolce mangiato. Il fiato corto arriva quasi prima dei primi panorami, ma ne vale la pena. A ogni curva, il lago di Garda si mostra un po’ di più, come un modello che non vuole subito esagerare. Prima il profilo, poi il blu, poi Torbole e Riva del Garda dall’alto, così perfette che sembrano finte.

La vegetazione qui è di tipo mediterraneo, con cespugli bassi, rocce spigolose e qualche pino coraggioso che cresce dove non dovrebbe. E in mezzo a tutto questo… iniziano le trincee.

Casetta del Comando a Predabusa

Le trincee del Perlone: qui si faceva sul serio

Siamo sul Monte Perlone, e le cose si fanno serie. Il sentiero inizia a mostrare le sue vere carte: postazioni militari scavate nella rocciacamminamenti in galleriarifugi con vista lago (che oggi varrebbero milioni su Airbnb, ma all’epoca si stava in trincea col gelo e i pidocchi).

Inreno dei resti della postazione la "Busa dei Capitani"

Ad un certo punto si arriva a una croce commemorativa in ferro. Moderna, stilizzata, ma potente. Sullo sfondo il lago, davanti un ordigno arrugginito e mezza interrata. Nessuna retorica, solo silenzio. Anche il vento si ferma un attimo. E non serve aggiungere altro.

La salita continua (perché la guerra non è mai in discesa)

Si continua a salire. Il sentiero si stringe, diventa tecnico, ci si arrampica tra pietre che sembrano scelte apposta per far scivolare. Gli alberi si diradano e il panorama si apre, ma attenzione: il GPS inizia a impazzire. In questo punto, tra il Perlone e Predabusa, pare che i satelliti smettano di credere in te.

Ed è proprio qui che si incontra la famosa iscrizione nella roccia:
“Stützpunkt Preda Busa 1915-1916 – E. Vogel Etia R.”

Chi era Vogel? Un soldato? Un ufficiale? Uno che ci teneva a lasciare il suo segno? Non lo sapremo mai. Ma il nome è lì, inciso a scalpello, tra l’edera e la polvere. Ti fermi, lo guardi, e per un momento ti senti piccolo ma connesso a qualcosa di molto più grande.

La discesa che non ti aspetti

Il bello degli anelli è che dovrebbero riportarti al punto di partenza senza ripassare dai luoghi già visti. “Dovrebbero”, appunto. Noi, da buoni escursionisti dotati di entusiasmo ma scarsamente fedeli alla traccia .gpx, abbiamo deciso di ascoltare il richiamo di un sentierino secondario, che sembrava dire: “vieni, ho delle sorprese per te”.

Le sorprese c’erano: rovi, pendenze inumane, e un prato con vista su... altri prati. Insomma, niente di grave, ma una deviazione di mezz’ora che ci ha fatto guadagnare un paio di graffi e l’eterna riconoscenza del nostro GPS che finalmente ha ritrovato il segnale.


Considerazioni finali (con polpacci felici e anima piena)

Arriviamo di nuovo all’auto con le gambe stanche ma felici. Il giro è stato intenso, fisicamente e mentalmente. Perché qui non si cammina solo tra alberi e panorami, ma si cammina dentro una storia. Ogni grotta, ogni pietra spostata a mano, ogni segno lasciato sul terreno ha un peso. E noi, oggi, abbiamo avuto il privilegio di passarci sopra con rispetto e un po’ di fiato corto.

Se cercate un’escursione che unisca panorami, avventura, riflessione e anche un pizzico di “non sono sicuro di essere sul sentiero giusto”, l’anello del Perlone e di Predabusa fa per voi.

Ah, portate la torcia. Non si sa mai dove porta la curiosità.