Guida enciclopedica alle tipologie di escursionisti

L’Homo Montivagus, comunemente detto “escursionista”, è un animale bipede che abbandona volontariamente l’habitat urbano per farsi del male in contesti naturali ostili.
Nasce in città, si nutre di illusioni (“aria pulita”, “contatto con la natura”), si riproduce comprando zaini più grandi della propria autostima.
Ogni estate migra verso i monti, convinto che camminare in salita sia un’attività “rilassante”.

Lo studio di questa specie non ha alcuna utilità pratica: non potete evitarli.
Potrete però imparare a riconoscerne i sottotipi e riderne, trasformando la frustrazione in antropologia da bar.
Considerate questa guida come un bestiario moderno: invece di draghi e sirene, troverete minimalisti disperati, fotografi ossessivi e ciabattari alpini.


Capitolo 1 – Homo minimalis (il minimalista)

Descrizione zoologica

È lo scoiattolo anoressico dei sentieri.
Convinto che “meno è meglio è”, porta con sé uno zaino grande quanto un astuccio scolastico.
Dentro ha solo:

  • mezza bottiglietta d’acqua tiepida,
  • un pacchetto di crackers sbriciolati,
  • la convinzione di essere immortale.

Il minimalista è un paradosso biologico: la sua sopravvivenza non dipende da ciò che porta, ma da ciò che riesce a scroccare.
È il vampiro sociale dell’escursionismo: si nutre degli zaini altrui.

Habitat

Lo trovi ovunque: dal parco cittadino ai ghiacciai alpini.
Si manifesta soprattutto nelle gite “facili”, ma ama avventurarsi anche su percorsi lunghi, sempre con equipaggiamento ridicolo.
Non conosce le stagioni: pantaloncini anche a gennaio, perché “si suda meno”.

Comportamenti tipici

  • Dopo 15 minuti: “Mi dai un sorso?”
  • Dopo 30 minuti: “Hai per caso uno snack?”
  • Dopo 45 minuti: “Hai portato i cerotti?”
  • Indossa scarpe da ginnastica lisce, e scivola su un filo d’erba bagnato come fosse ghiaccio vivo.
  • Non mette la crema solare: torna a casa color aragosta bollita.
  • Si stupisce che in montagna faccia freddo, anche a 2800 m.
  • Porta sempre un bastoncino improvvisato (un ramo marcio) che si spezza al primo uso.
  • Alla prima pioggia, guarda il cielo scandalizzato, come se fosse un tradimento personale.

⚠️ Nota
Se sparisse improvvisamente, nessuno noterebbe la sua mancanza. A parte il Soccorso Alpino, che avrebbe finalmente un’estate libera.


Descrizione zoologica

È l’opposto del minimalista.
Si presenta bardato come un astronauta pronto a colonizzare Marte.
Possiede:

  • scarponi da 400 €,
  • giacca in gore-tex a triplo strato,
  • zaino modulare con più tasche di un Boeing,
  • smartwatch che misura altitudine, pressione, battito cardiaco e forse anche i tuoi pensieri segreti.

Il suo peso specifico aumenta di 12 kg solo grazie agli accessori.
Non conosce la leggerezza, né fisica né esistenziale.

Habitat

Predilige i negozi di articoli sportivi, ma ogni tanto viene avvistato in natura.
Si aggira soprattutto sui sentieri più battuti, dove può ostentare la sua attrezzatura davanti a un pubblico di ignari turisti.
Ama i rifugi: non per riposare, ma per confrontare dati GPS con altri esemplari della sua specie.

Comportamenti tipici

  • Si ferma ogni 3 minuti per sincronizzare l’orologio con un satellite russo.
  • Documenta ogni dato: “Siamo saliti di 230 metri con pendenza media del 18,4%” → mentre tu stai morendo.
  • Passa più tempo a guardare grafici sullo smartwatch che il panorama davanti.
  • Se cade, salva prima il GPS e solo dopo il braccio rotto.
  • Ha sempre batterie di riserva, ma dimentica di portare un panino.
  • Parla più con il suo orologio che con i compagni di escursione.

⚠️ Nota
Non morirà mai di freddo o di sete. Morirà sepolto vivo sotto i manuali d’istruzione dei suoi stessi gadget.


Capitolo 3 – Homo photographicus compulsus (il fotografo ossessivo)

Descrizione zoologica

È il pavone alpino.
Non cammina per arrivare: cammina per fermarsi e scattare.
È armato di reflex grande quanto un bazooka, più obiettivi di un esercito, e la certezza che ogni filo d’erba meriti un servizio fotografico.

L’escursione per lui non è esperienza, ma archivio digitale.
La montagna non è vetta, ma sfondo per foto che non guarderà mai.

Habitat

Lo trovi ovunque ci sia luce decente e un minimo di panorama.
Si muove a velocità ridicola, bloccando il sentiero come un TIR in salita.
Ama i rifugi: non per mangiare, ma per postare storie su Instagram.

Comportamenti tipici

  • Si piazza in mezzo al sentiero per mezz’ora, costringendo tutti a passare nel bosco.
  • Torna a casa con 2000 foto della stessa nuvola.
  • In cima, non guarda il panorama: guarda il display della fotocamera.
  • Ti trasforma in comparsa involontaria: “fermo lì, ti faccio una foto spontanea” → sembri un ostaggio.
  • Se incontra un animale, rischia la vita per un primo piano: il camoscio lo odia, la mucca lo ignora, il cane del pastore lo morde.
  • Fotografa il panino prima di morderlo, finché diventa una spugna molle.
  • Non cammina: compone inquadrature. Non respira: regola tempi di esposizione.

⚠️ Nota
Il fotografo ossessivo non morirà mai di fame o di sete. Morirà cadendo da un dirupo mentre cerca “l’angolo perfetto”.


Capitolo 4 – Homo flip-floppus (il ciabattaro alpino)

Descrizione zoologica

È la sottospecie più iconica e più detestata.
Conosciuto come “il ciabattaro”, l’Homo flip-floppus è un animale urbano che ha invaso le montagne.
Lo riconosci subito: pantaloncini da mare, maglietta scolorita con logo di birra, infradito o Crocs.
Non conosce concetti come “quota”, “ipossia” o “scarponi”.
Per lui la montagna è una spiaggia verticale.

La sua sopravvivenza è un mistero biologico: vive di cotoletta nello zaino e fede cieca nei miracoli.

Habitat

Ama gli ambienti serviti da funivia, cabinovia o trenino panoramico.
Non frequenta sentieri fino a quando non scopre che “c’è un belvedere a 2800 metri con ristorante”.
Si avventura su ghiaioni e ferrate con la stessa naturalezza con cui attraverserebbe la pineta del campeggio.

Comportamenti tipici

  • Cammina sul ghiaino instabile come fosse sabbia bagnata: scivola, cade e ride come se fosse un gioco.
  • Porta nello zaino panini fritti e bottigliette di aranciata calda.
  • Non porta acqua: “tanto c’è la neve, basta leccarla”.
  • Congela in vetta, ma rifiuta la giacca che gli offri: “tranquillo, io non soffro il freddo” → cinque minuti dopo sembra un cadavere Ikea in esposizione.
  • Fa selfie eroici con caption: “in vettaaa 🚀” → subito dopo chiama il Soccorso Alpino.
  • Sottovaluta sempre il percorso: “sono 10 minuti” (traduzione: due ore di agonia).
  • Scambia i cavi di una ferrata per ringhiere panoramiche.
  • Si sdraia a torso nudo su pietre a 2500 m, convinto di “abbronzarsi meglio”.

⚠️ Nota
Ogni estate, gli elicotteri fanno straordinari solo per loro.
Sono i veri sponsor inconsapevoli del Soccorso Alpino.


Capitolo 5 – Homo philosophicus (il filosofo da sentiero)

Descrizione zoologica

È l’intellettuale dell’escursionismo, o almeno ci prova.
Trasforma ogni curva in un trattato sull’esistenza: Nietzsche in salita, Schopenhauer in discesa, Heidegger alla pausa pranzo.
Non cammina: pontifica.
Ogni sasso è una metafora, ogni torrente un’allegoria, ogni salita una parabola morale.

Habitat

Lo trovi su sentieri panoramici e tranquilli, dove può parlare senza ansimare troppo.
Predilige boschi meditativi e laghi alpini, perfetti per monologhi esistenziali.
Nei rifugi monopolizza i tavoli con discorsi che ucciderebbero anche Socrate.

Comportamenti tipici

  • Si ferma a fissare un sasso per 15 minuti: “simbolo del tempo che tutto erode, anche le nostre speranze”.
  • Indica un torrente e inizia: “vedi, la vita scorre e ci trascina” → mentre tu stai cercando di riempire la borraccia.
  • In cima alla montagna, invece di ammirare la vista, cita Kant: “la vetta non è la meta, ma l’illusione della meta”.
  • Non mangia subito: analizza prima il panino come metafora della condizione umana.
  • Se qualcuno cade, commenta: “così è la vita, una continua discesa verso il nulla”.
  • Usa la parola “orizzonte” almeno 37 volte per descrivere ogni panorama.
  • Ti chiede: “ma perché siamo qui?” → non ha una risposta, ma continuerà a parlarne per 2 ore.

⚠️ Nota
Il filosofo da sentiero non ti uccide fisicamente, ma mentalmente.
Dopo tre ore con lui, desidererai buttarti giù dal burrone per interrompere il dibattito su Heidegger.


Capitolo 6 – Homo familiaris fragosus (la famiglia rumorosa)

Descrizione zoologica

È lo stormo umano dei sentieri.
Non si muove mai singolarmente: appare in branco, caotico, multigenerazionale.
È un reality show ambulante, un circo con decibel fuori scala.
La loro caratteristica principale è annientare il silenzio millenario della montagna in 3 secondi netti.

Habitat

Predilige i laghi alpini raggiungibili in meno di un’ora, i rifugi con menù per bambini e i sentieri larghi.
Occupano intere tavolate nei rifugi, lasciando briciole e urla come tracce indelebili.

Comportamenti tipici

  • Bambini che urlano “quanto manca?” dopo 200 metri (anche se sono ancora al parcheggio).
  • Bastoncini usati come spade laser, colpi ben assestati sulle tibie degli estranei.
  • Padri che fingono entusiasmo: “guarda che bello il panorama!” → mentre dentro implorano la morte.
  • Madri che distribuiscono panini come crocerossine disperate.
  • Urla costanti tipo sirene da bombardamento: “Stai fermo! Non correre! Non toccare!”.
  • Piccoli esploratori che lanciano sassi giù dai pendii, trasformando il sentiero in zona di guerra.
  • Cani non educati che abbaiano come se fossero in servizio di sicurezza.
  • Dopo ore di rumore, la frase tipica: “Che pace, eh?”.

⚠️ Nota
Gli alpinisti temono la famiglia rumorosa più delle valanghe.
Una valanga smette. La famiglia no.


Capitolo 7 – Homo veteranus (il veterano del CAI)

Descrizione zoologica

È il fossile vivente dell’escursionismo.
Età media: 70–85 anni.
Fisico: secco, asciutto, ginocchia forgiate dall’acciaio e dal rimpianto.
Zaino: minuscolo, ma contenente tutto ciò che serve (panino, borraccia, cerotti, saggezza).
Passo: costante, inarrestabile, umiliante.

Il veterano non cammina: avanza come un orologio svizzero alimentato a vino rosso e polenta.
Ti supera in salita senza fiatare, e tu, ventenne allenato, resti a boccheggiare come un pesce spiaggiato.

Habitat

Sono ovunque: dai colli vicino a casa alle vette dolomitiche.
Li incontri sempre, perché loro ci sono sempre stati.
Nei rifugi parlano di “quella volta che la ferrata era senza cavi” → e tu capisci che loro hanno iniziato quando tu eri ancora liquido amniotico.

Comportamenti tipici

  • Sorpassano gruppi interi di giovani, salutando con un “buongiorno” che pesa come una coltellata.
  • Non sudano mai, neanche dopo 1000 metri di dislivello.
  • Raccontano aneddoti di gite del 1968, che sembrano guerre mondiali.
  • Indossano scarponi vecchi 30 anni che funzionano meglio dei tuoi nuovi.
  • Non hanno smartphone: la bussola è nella testa.
  • In cima, mentre tu vomiti polmoni, loro tirano fuori il formaggio e iniziano un picnic.
  • Scendono correndo sulle pietre come capre ninja.

⚠️ Nota
Non competere con loro: l’unico risultato sarà il tuo esaurimento nervoso.
Il veterano non muore mai: si trasforma lentamente in crosta granitica del sentiero.


Capitolo 8 – Homo epicuris discipulus (il buongustaio alpino)

Descrizione zoologica

È il più raffinato degli escursionisti.
Non cammina per conquistare la vetta, ma per apparecchiare.
Zaino: enorme, pieno di cibo, vino, stoviglie.
È l’unico a cui la salita sembra una spesa settimanale con vista.

Habitat

In cima, vicino ai laghi, nelle radure panoramiche.
Non cerca rifugi: lui è un rifugio, completo di cucina a 3 stelle.
I suoi compagni di cammino lo amano e lo odiano: amore per i panini con speck e vino rosso, odio perché tu hai portato solo barrette secche.

Comportamenti tipici

  • In cima, apparecchia con tovaglia a quadri, tagliere, coltello, salame, vino, dolce.
  • Fa sembrare il tuo panino al prosciutto un insulto.
  • Porta un thermos di caffè e lo offre a tutti, trasformandosi nel santo patrono del gruppo.
  • Si rifiuta di mangiare barrette energetiche: “roba da astronauti depressi”.
  • Condivide, ma non senza farti sentire miserabile.
  • Documenta ogni pasto con foto degne di rivista enogastronomica.
  • Dopo pranzo, dorme un’ora come un neonato, russando con soddisfazione.

⚠️ Nota
Se il gourmet dimentica il cibo, il gruppo cade nel caos: rivolte, lacrime, morsi reciproci.
È l’unico che potrebbe causare una rissa in vetta per l’ultima fetta di strudel.


Capitolo 9 – Homo dispersus (il disperso cronico)

Descrizione zoologica

È il turista travestito da escursionista.
Non sa leggere una mappa, non sa distinguere una curva di livello da un disegno infantile, ma insiste a guidare il gruppo.
Zaino: troppo grande o inesistente.
Scarpe: inadatte.
Orientamento: inesistente.

Habitat

Lo trovi ovunque ci sia la possibilità di sbagliare strada.
Parcheggio → già sbagliato.
Sentiero segnalato → lui sceglie la direzione opposta.
Ogni bivio per lui è un destino tragico.

Comportamenti tipici

  • Ti chiede “quanto manca?” dopo 50 metri.
  • Non legge mai i cartelli, ma li fotografa “per ricordo”.
  • Si perde anche con la traccia GPX accesa.
  • Sceglie sempre il sentiero “più facile” che in realtà porta in un burrone.
  • Se arriva in cima, è solo per caso, e lo attribuisce al karma.
  • Se piove, si convince che sia colpa del suo segno zodiacale.
  • Può farsi adottare da mucche, pecore o capre, scambiandole per guide alpine.
  • Non sa scendere: resta bloccato a metà, invocando la madre.

⚠️ Nota
Il disperso è il cliente preferito del TG locale: “Escursionista ritrovato dopo due giorni in un campo di mirtilli”.
Se lo incontri, stai lontano: la sua confusione è contagiosa.


Capitolo 10 – Homo influencerus (l’influencer alpino)

Descrizione zoologica

È la creatura più recente dell’ecosistema montano, ma si riproduce a una velocità spaventosa.
Può essere “professionista” (seguito da migliaia di follower veri) o “fai-da-te” (seguito solo da zia, mamma e due account fake), ma non importa: tutti si sentono creatori di contenuti.
Non va in montagna per camminare, ma per “produrre materiale” — anche se il materiale consiste in un selfie sudato con dietro un lago invisibile nella nebbia.

Habitat

Predilige i luoghi più instagrammabili: laghi alpini, ponticelli panoramici, croci di vetta, fiori rari.
Non frequenta mai zone deserte: senza pubblico non esiste.
Lo riconosci perché trasforma ogni cima in uno studio fotografico improvvisato.

Comportamenti tipici

  • Si ferma ogni 100 metri per registrare un reel: “ragazzi, siamo qui a 1800 metri e la vista è incredibileeee!!!” → dietro solo nebbia.
  • Fa finta di camminare: in realtà percorre 10 metri per il video e poi torna indietro a rifare la clip.
  • Porta outfit assurdi: vestiti da palestra, scarpe immacolate, cappelli improbabili, giacche “color pastello” mai viste in natura.
  • Non guarda mai la mappa, ma studia la luce per il feed Instagram.
  • Non mangia: deve fotografare il panino 12 volte, finché diventa un cadavere di mollica.
  • Se cade, filma tutto: “epic fail in montagna 😂🔥”.
  • Ogni rifugio diventa set di shooting: cappuccino con cuoricino nella schiuma = contenuto, non colazione.
  • Parla da solo davanti al telefono: “ciao ragazzi, oggi tips per trekking leggero!” → zaino vuoto, occhiaie piene.

Frasi celebri

  • “Aspetta che rifacciamo, non sorridevi abbastanza naturale.”
  • “Puoi fare una foto come se stessi ridendo spontaneamente?”
  • “Devo mettere subito questa story, altrimenti l’algoritmo mi punisce.”

⚠️ Nota
L’influencer non cerca il panorama: cerca la performance.
Non cade mai nel burrone fisico, ma in quello digitale dell’irrilevanza.
Eppure trascina con sé anche gli altri: il sentiero diventa passerella, la vetta diventa spot pubblicitario.
Un giorno i monti non crolleranno per le frane, ma per il peso dei treppiedi e dei ring light trasportati in quota.


Capitolo 11 – Homo gubernator droni (il pilota di droni)

Descrizione zoologica

È l’esemplare più rumoroso e tecnologicamente invadente dell’ecosistema alpino.
Non guarda mai il panorama con i propri occhi: lo osserva esclusivamente attraverso lo schermo del controller, come se la realtà fosse un videogioco con grafica HD.
È convinto di creare “contenuti epici”, ma la sua produzione consiste soprattutto in:

  • filmati tremolanti delle tue calvizie viste dall’alto,
  • 12 minuti di nuvole fisse,
  • e almeno un atterraggio catastrofico sul piatto del rifugio.

Il pilota di droni si muove in branco limitato (1-2 individui), ma il ronzio della sua prole elettronica infesta valli intere.

Habitat

Ama i laghi alpini, le cime panoramiche, i belvederi più frequentati: i posti dove può disturbare più gente possibile con il suono del suo elicotterino da guerra.
Predilige giornate di sole e vento leggero: non per sicurezza, ma perché “il feed viene meglio”.
Lo riconosci subito: si inginocchia in pose ridicole per controllare il controller, mentre il drone minaccia di decapitare marmotte innocenti.

Comportamenti tipici

  • Decolla il drone a 10 cm dalla tua testa, senza avvisare, facendoti perdere 7 anni di vita.
  • Rovina il silenzio millenario con un ronzio che sembra una zanzara cyborg assetata di sangue.
  • Insegue escursionisti ignari per “riprese dinamiche” senza chiedere il consenso → comparirai nel suo YouTube come “Umano #47 – look casuale”.
  • Vanta frasi come “è per un progetto serio” → in realtà finirà su TikTok con musica trap di sottofondo.
  • Ignora sistematicamente cartelli “vietato uso droni”.
  • Fa manovre azzardate sopra burroni, con esiti prevedibili: crash spettacolare, applausi generali.
  • Se gli cade il drone in acqua, urla come se avesse perso un figlio.
  • Se qualcuno gli chiede di spegnerlo, risponde: “scusa, è libertà artistica”.

Frasi celebri

  • “Tranquilli, non vi inquadro.” → menzogna universale.
  • “Sto solo facendo un paio di riprese.” → traduzione: ti perseguiterà fino al rifugio.
  • “È per un documentario.” → in realtà: 20 like su Instagram.

⚠️ Nota
Il dronus gubernator non cadrà mai nel burrone fisico, ma cadrà sempre nel burrone sociale: odiato da tutti, amato solo dal rumore del suo stesso drone.
E quando finalmente il drone precipita tra i rododendri, la valle intera festeggia come a Capodanno.


Capitolo 12 – Homo fashion victimus technicus (il modaiolo tecnico da vetta)

Descrizione zoologica

È la sottospecie più inutile dell’ecosistema alpino, da considerarsi come il parente ricco e complessato del technologicus.
Non va in montagna per camminare, ma per esibire il proprio guardaroba tecnico.
Indossa giacche al gore-tex di ultima generazione, pantaloni rinforzati con kevlar, scarponi testati sull’Everest, zaino studiato per spedizioni artiche… tutto per un giro di 4 km su sentiero turistico.
Se la moda urbana sfila a Milano, la moda alpina sfila su mulattiere affollate.

È un esemplare costoso: la sua sola giacca costa più della tua macchina.
E serve esattamente allo stesso scopo del piumino al centro commerciale: farsi notare.

Habitat

Lo trovi:

  • nei sentieri più battuti, perché senza pubblico non avrebbe senso,
  • nei rifugi affollati, dove può ostentare tessuti tecnici mentre ordina un cappuccino,
  • in città, a dicembre, con piumini da 8000 m per fare la spesa all’Esselunga.

Ama i luoghi dove può essere fotografato con outfit impeccabile, preferibilmente senza mai sudare: il sudore rovina l’estetica.

Comportamenti tipici

  • Sale su un belvedere di 150 m di dislivello con lo stesso equipaggiamento di Reinhold Messner sul K2.
  • Ha zaini ipertecnici con mille ganci e moschettoni… ma dentro solo barrette e borraccia.
  • Indossa occhiali da ghiacciaio antartico per passeggiare sotto il sole di maggio.
  • Pubblica foto con didascalia “training day” → in realtà ha fatto 20 minuti di cammino e tre ore di shooting.
  • Porta ramponi ultraleggeri nello zaino anche ad agosto → “non si sa mai”.
  • Si lamenta della tua giacca Decathlon come se fosse un crimine ambientale.
  • Parla solo di materiali, membrane, traspirabilità e strati: nessuno lo ascolta.
  • Se piove, è l’unico contento: “così posso testare la giacca nuova”.
  • Se nevica, fa mezzo metro di strada e dichiara: “condizioni estreme, ma l’attrezzatura ha retto bene”.

Frasi celebri

  • “È tutto GORE-TEX PRO TRE LAYERS, costa ma ne vale la pena.”
  • “Questa è roba che usano sulle spedizioni alpinistiche himalayane.”
  • “No davvero, non è moda, è funzionalità pura.”

⚠️ Nota
Il modaiolo tecnico non cadrà mai vittima della montagna, ma della propria ridicolaggine: equipaggiato per sopravvivere a -40°, mentre cammina in fila indiana dietro a famiglie in jeans e sneaker.
Un giorno verrà trovato in un prato, circondato da mucche che lo guardano e muggiscono: “tutto questo per arrivare qui?”.


Capitolo 13 – Specie rare (bonus)

Non hanno un numero elevato di esemplari, ma il loro impatto sull’ecosistema dei sentieri è devastante.
Ecco alcune sottospecie degne di nota.

Homo cursor montanus velocissimus

È l’antilope dell’escursionismo.
Corre in salita a 2000 m come se fosse una passeggiata.
Indossa pantaloncini corti, canotta tecnica e scarpe da corsa più leggere delle tue ciabatte.

Comportamenti tipici

  • Ti sorpassa senza fiatare mentre tu sei in preda all’asma.
  • In cima è già ripartito prima che tu tolga lo zaino.
  • Ti fa sentire inutile anche solo guardandolo.
  • Se cade, rimbalza come un superball e continua a correre.

⚠️ Nota
Non è umano: è un prototipo segreto della Salomon.


Homo garrulus infinitus

È la radio ambulante dei sentieri.
Non conosce silenzio, neanche in cima a una montagna.
Ogni salita diventa una riunione aziendale, ogni pausa un podcast indesiderato.

Comportamenti tipici

  • Ti racconta la sua vita dalla nascita alla pensione senza prendere fiato.
  • Usa il panorama solo come spunto per nuove chiacchiere.
  • Se non rispondi, parla comunque.
  • Se provi a fermarlo, si offende: “ah, pensavo ti interessasse”.

⚠️ Nota
Il chiacchierone è più estenuante della salita stessa.
Molti escursionisti scelgono burroni pur di sfuggirgli.


Homo zoophilus radicalis

È l’evangelista del pascolo.
Parla con mucche, capre, pecore e pensa che gli animali siano guide spirituali.
Prova a convincerti che il vitello ti giudica, e ha pure ragione.

Comportamenti tipici

  • Si ferma a salutare ogni animale come fosse un vecchio amico.
  • Discute con mucche sul senso della vita.
  • Porta sempre un libro di Thoreau nello zaino.
  • Se vede una marmotta, la segue fino a casa.

⚠️ Nota
Un giorno non tornerà: verrà adottato da un branco di pecore.
Gli daranno un nome nuovo e lo eleggeranno sindaco del gregge.


Conclusione

Gli escursionisti sono ovunque.
Non importa dove andrai: li troverai sempre.
Un minimalista scroccone, un tecnico bardato di gadget, un fotografo ossessivo, un ciabattaro suicida, un filosofo depressivo, una famiglia urlante, un veterano umiliante, un gourmet tentatore, un disperso cronico o qualche specie rara pronta a rovinarti la giornata.

Il sentiero non è mai vuoto: è un parco zoologico umano, un teatro tragicomico, una commedia involontaria dove ogni passo diventa esperimento sociale.
Camminare in montagna non significa mai “silenzio e natura”, ma “società allo stato brado”: un campo di battaglia tra chi cerca la pace interiore e chi la distrugge con Crocs, selfie o chiacchiere infinite.

La montagna, in teoria, dovrebbe insegnare umiltà, solitudine e rispetto.
In pratica, insegna che:

  • se vuoi pace, troverai famiglie urlanti,
  • se vuoi ispirazione, troverai filosofi depressivi,
  • se vuoi aria pura, troverai trail runner che ti passano accanto sudando radiazioni,
  • e se vuoi un rifugio silenzioso, troverai gourmet che hanno trasformato il tavolo in un pranzo nuziale con tagliere di formaggi e prosecco.

Il silenzio millenario delle montagne viene distrutto dal rumore antropico:

  • click di reflex,
  • grida di bambini,
  • notifiche di smartwatch,
  • urla disperate di ciabattari che scivolano sui ghiaioni.

Il paesaggio sublime diventa un circo antropologico, un documentario naturale diretto da un dio sadico, che si diverte a mescolare i personaggi più incompatibili nello stesso sentiero.

L’inevitabile metamorfosi

La verità è più crudele di quanto immagini:
non serve che qualcuno ti osservi o ti giudichi, basta la montagna.
È lei a trasformarti, lentamente ma inesorabilmente, in una caricatura.

Puoi partire convinto di essere un viaggiatore consapevole, preparato, unico.
Dopo un’ora di salita diventi il minimalista ansimante.
Dopo due ore con lo zaino sbagliato, ti trasformi nel disperso confuso.
Dopo tre ore senza acqua, implori come un ciabattaro con infradito.

Ogni errore, ogni passo falso, ogni respiro affannato è un timbro invisibile che ti spinge verso una categoria.
Non esistono “individui”: esistono solo varianti della stessa commedia alpina.

E la montagna ride, perché sa che, a rotazione, tutti — anche tu — finirete etichettati.
Oggi ridi del fotografo ossessivo, domani sarai tu quello che scatta 2000 foto a una nuvola.
Oggi disprezzi la famiglia rumorosa, domani urlerai anche tu “quanto manca?” al cielo.

Non c’è fuga: l’escursionismo è una grande macchina di stereotipi, e tu sei il prossimo prodotto sulla catena di montaggio.

Visione apocalittica

Immagina un futuro prossimo:

  • Le montagne non saranno più abitate da camosci o aquile, ma da branchi di ciabattari in Crocs, urlanti al vento.
  • I rifugi non venderanno più polenta, ma cappuccini Instagrammabili con scritte motivational.
  • Ogni sentiero avrà il Wi-Fi, ma le app meteo continueranno a sbagliare.
  • I veterani novantenni continueranno a sorpassarti, immortali, mentre tu fatichi già a respirare.

E allora capirai che la montagna non è più “luogo sacro di silenzio e natura”, ma parco giochi sadico della specie Homo Montivagus.
Una specie che, per sopravvivere, ha bisogno di inciampare, lamentarsi e soprattutto giudicare.

Alla fine, l’unica libertà che ti resta è scegliere con quale sottospecie ti identificherai.
Puoi ridere degli altri, ma presto gli altri rideranno di te.
La montagna non ha pietà: ti incasella, ti etichetta, ti classifica.

⚠️ Verità finale
Chi cammina in montagna non cerca davvero la vetta: cerca un alibi.
Un alibi contro la noia, contro il tempo che scorre, contro la propria inadeguatezza.
Ogni passo in salita è un modo elegante per rimandare il confronto con il vuoto quotidiano.
Ogni zaino preparato è un rito che maschera la paura di non avere uno scopo.

Eppure la montagna non è terapeutica, non è buona, non è “amica”.
Non consola, non perdona, non incoraggia.
Ti restituisce solo fatica, silenzio, aria troppo sottile per illuderti di essere grande.
Ti mostra che sei fragile, goffo, ridicolo: un animale bipede che arranca, suda e inciampa.
E la parte più crudele è che non ti prende nemmeno sul serio: i tuoi sforzi sono formiche su rocce millenarie.

Ridi degli altri escursionisti, li cataloghi come sottospecie da bestiario.
Ma dentro lo sai: il minimalista, il ciabattaro, il fotografo ossessivo, il veterano implacabile — sono tutti specchi deformanti di te stesso.
La montagna non ha bisogno di giudicarti: ti basta guardarti nello stato in cui arrivi, ansimante, scorticato, e capisci da solo chi sei.

Eppure, dentro questa verità brutale, c’è un’altra verità che spiazza: continui a salire.
Nonostante il ridicolo, nonostante la fatica, nonostante la consapevolezza che ogni vetta è solo una pausa prima di un’altra salita, tu continui.
Perché?
Perché in quell’inutilità c’è la libertà.

Camminare in montagna significa accettare che il senso non c’è — ma la bellezza sì.
C’è nello sguardo che si perde all’orizzonte, nel respiro che si spezza e poi si ricompone, nell’acqua gelida che ti ridà vita, nelle risate stonate tra un passo e l’altro.
C’è nella consapevolezza che la tua piccolezza non è una condanna, ma una misura: e che dentro quella misura minuscola, inspiegabilmente, puoi essere felice.

La montagna non ti eleva per santificarti, ti abbassa per riportarti a terra.
Ti toglie le illusioni, ma in cambio ti regala un istante di verità: che sei vivo, adesso, in quel passo, in quell’aria sottile, in quel dolore che sa di conquista.

E allora sì, siamo tutti Homo Montivagus, stereotipati, ridicoli, fragili.
Ma forse è proprio lì il privilegio: ridere di sé, inciampare, arrancare e nonostante tutto alzare lo sguardo e sentirsi parte di qualcosa di immensamente più grande.

La vetta non è un premio: è un promemoria.
Che per un attimo, tra un respiro e l’altro, puoi smettere di fuggire, smettere di fingere, e accorgerti che sei vivo.
E che basta questo, a volte, per dare senso a tutta la fatica.