Il giorno del miracolo, del mistero… e della cena che non fu

Arrivati e pronti all’avventura!!!

Il giorno del miracolo, del mistero… e della cena che non fu

29 luglio 2025 – Aeroporto di Verona, Ryanair FR5477, destinazione: Galles (con scalo a Manchester, perché il teletrasporto costa ancora troppo)

Ore 9:00.

Casa nostra. Il silenzio è irreale. Non perché sia una mattina tranquilla, ma perché nessuno osa pronunciare la frase proibita: “Hai preso tutto?”

Quella frase è come aprire un portale verso un universo parallelo dove hai dimenticato tutto. Zaini pronti, documenti stampati, biglietti sul telefono (o così pensavamo), bambini equipaggiati, stomaci leggermente contratti dalla tensione. Tutto secondo i piani.

Ore 12:00.

Siamo fuori casa. Il taxi sarà in ritardo? E anche l’ansia sta cominciando a perdere la pazienza. Sara controlla per la sesta volta il passaporto. Maddalena chiede se in Galles esistono i gelati. Io fingo calma olimpica, ma dentro sono già al gate a cercare un caricatore USB funzionante come un sopravvissuto cerca l’acqua nel deserto.


Aeroporto di Verona: il regno del paradosso

Ryanair ha una logica tutta sua.

File interminabili per lasciare il bagaglio, mentre due impiegati affrontano 300 passeggeri con la calma di chi sa che non importa quanto ci mettiamo: l’aereo parte lo stesso. Con o senza voi.

È qui che accade il primo evento paranormale della giornata: due signori pakistani in sedia a rotelle vengono spinti in prima fila dall’assistenza speciale. Li guardiamo, commossi, finché li rivediamo mezz’ora dopo al gate… in piedi. Camminanti. Perfettamente agili.

Forse l’aria del gate B11 ha proprietà miracolose. Forse le sedie a rotelle erano accessori fashion. O forse è l’equivalente Ryanair di “priority boarding”: ti siedi, ti spingono, voli prima.

In ogni caso, miracolo numero uno: certificato.


L’apparizione e scomparsa del biglietto fantasma

Ma c’è di più. Al momento dell’imbarco, Sara scopre che il suo biglietto elettronico è sparito dal telefono. Del tutto. Come se un hacker gallese, pagato in cibo da pub e ossa di dragone, avesse deciso di sabotare la nostra vacanza.

Nel panico, io compio un gesto eroico che un giorno verrà ricordato dai bardi digitali: tiro fuori la mia copia di backup.

Mi sento un eroe. Ma uno di quelli un po’ sfigati. Tipo Frodo, ma con Ryanair al posto dell’anello.


Volo FR5477: l’esperienza antropologica

Il volo è… Ryanair.

Ovvero: una fusione tra low-cost, sadismo logistico e quella sensazione costante di essere in punizione per qualcosa che hai fatto in una vita precedente.

La hostess ci offre gratta e vinci, deodoranti al feromone di leone e panini che sembrano prototipi militari. L’aria condizionata è selettiva: o ghiaccio secco o Sahara. Maddalena si adatta. Sara legge (col biglietto nuovamente visibile sul telefono, perché la magia nera funziona così).

Io mi domando se sia davvero legale vendere due gin tonic in lattina a 13,50 euro e chiamarlo “menu”.


Sbarco a Manchester e grazia divina Avis

Atterriamo a Manchester, dove la nostra vera avventura inizia: dobbiamo raggiungere il Car Rental Village, che è un posto che esiste solo per chi osa cercarlo. Dopo un viaggio in navetta degno di Black Mirror e cinque giri attorno a un parcheggio, ci presentiamo al banco Avis.

Siamo pronti alla solita trafila, ma ecco la seconda meraviglia della giornata:

“Good news, sir. You’ve been upgraded to a premium Volvo C60.”

Un’auto elegante, spaziosa e – soprattutto – non è una Vauxhall rossa con la moquette sporca di nachos del 2014.

Siamo commossi. Forse è il Presidential Club Avis. Forse è un errore. Forse stanno cercando di addolcire un futuro disastro. Ma noi non facciamo domande.


Segnali gallesi: una lingua? Un avvertimento?

Ci mettiamo in marcia. Destinazione: Betws-y-Coed.

Inizia così il nostro personale videogioco: interpretare i cartelli stradali in gallese.

“Araf”, “Dim parcio”, “Croeso i Eryri”.

Io leggo “ARAF” e rallento come se stessi entrando in zona di bombardamento. Sara ride. Maddalena dorme.

La Volvo scivola sulla strada come burro scozzese su toast e noi, in fondo, ci sentiamo già lontani da tutto.


Craig-y-Dderwen Riverside Hotel: l’importante è che non puzzi

Arriviamo. Il nostro primo rifugio ha un nome che sembra uno scioglilingua gallese e un aspetto… rassicurante. È carino. Pulito. Con muri dritti.

Dopo la trincea alberghiera dell’anno scorso in Scozia, dove il bagno sembrava un avamposto della Prima Guerra Mondiale, qui ci sembra di essere all’Hilton.

Abbiamo vinto.


La cena scomparsa e la Grill Room del “meh”

Il riposo dura 30 minuti. Poi usciamo affamati, decisi, determinati. Abbiamo prenotato al “The Restaurant” del Gwydyr Hotel.

Ma quando arriviamo… è chiuso.

Nessun cartello. Nessuna spiegazione. Solo l’imbarazzo di chi ha prenotato un tavolo immaginario in un ristorante chiuso.

Optiamo per un piano B: The Grill Room al Royal Oak.

Burger, chips, linguine con carne, pasta, pesce, pesto, pomodori, formaggio tutto in un unico piatto, atmosfera da Midwest inglese.

Né entusiasmo né delusione. Solo… cena.

Come quando ti regalano un pigiama a Natale. Ti serve, sì. Ma non lo racconti in giro.

Fine della giornata.

Siamo vivi. In Galles. Con una Volvo lucida, un hotel senza odori strani e un ristorante chiuso alle spalle.

Il miracolo del gate B11 rimane impresso nella mente.

Domani ci aspetta la natura, il muschio, le colline, forse qualche pecora parlante (non è detto, ma abbiamo contatti).

Nel frattempo, andiamo a dormire. Con la consapevolezza che il Galles ha già iniziato a giocare con noi.

E noi ci stiamo lasciando fregare volentieri.